martedì 26 maggio 2020

Lucky Luciano, la Mafia e lo sbarco in Sicilia



La decisione di sbarcare in Sicilia fu presa durante la conferenza di Casablanca nel gennaio 1943. Sebbene gli americani fossero all’inizio perplessi, il primo ministro britannico Churchill era convinto che per vincere, fosse necessario colpire il “ventre molle dell’Asse”, cioè l’Italia.

L’Operazione Husky avrebbe dato avvio alla cosiddetta Campagna d’Italia, che avrebbe prodotto la caduta del fascismo e l’uscita dell’Italia dalla guerra. Fu proprio quello che avvenne: dopo due settimane dallo sbarco, il 25 luglio Mussolini fu messo in minoranza dal Gran Consiglio del Fascismo, destituito e arrestato. Inizia il “governo dei quarantacinque giorni” di Badoglio, che finirà l’8 settembre 1943, giorno in cui Badoglio rende pubblico l’armistizio di Cassibile firmato il 3 settembre.

È vero che la Mafia ha giocato un ruolo importante nell’organizzazione dello sbarco in Sicilia?

Molti storici tendono a negare che la Mafia, sul piano propriamente militare, abbia dato particolari contributi. (Si leggano i valori di Mangiameli, Renda e Lupo).                          

Se un ruolo la Mafia l’abbia mai avuto, questo va ricercato nella fase posteriore allo sbarco, al momento di organizzare l’amministrazione provvisoria dell’isola prima di riconsegnarla al governo italiano defascistizzato. Molti boss mafiosi furono nominati sindaci, ma spesso, non appena scoperta la loro fedina penale, furono destituiti dai loro incarichi. Forse era più la Mafia e beneficiare dell’intervento americano che il contrario. I soldati delle divisioni Assietta e Aosta, infatti, furono obbligati dai mafiosi alla diserzione, per evitare conseguenze spiacevoli per loro e le loro famiglie. 

Non dobbiamo dimenticare che durante il fascismo, la Mafia siciliana aveva subito un duro colpo. Il prefetto di Trapani Cesare Mori, detto il “prefetto di ferro”, aveva sradicato buona parte dell’establishment mafioso, costringendo a emigrare chi era sfuggito agli arresti.

                                    

In prima battuta la “logica” del coinvolgimento mafioso reggerebbe, poiché i mafiosi hanno interessi a far cadere il fascismo, governo opprimente e centralizzato che non permette di gestire in tranquillità i loro affari. Inoltre, gli americani probabilmente erano ben consapevoli dell’avversione mafiosa verso il comunismo, dunque avere sull’isola un “alleato” anticomunista era un grosso vantaggio.

In realtà, però, tutto poggia su miti che non hanno un comprovato riscontro documentale. 

Quello che Lucky Luciano fece, invece, fu altra cosa. Già dall’inizio della guerra, anche prima dell’ingresso degli Usa, dal porto di New York partivano i rifornimenti per la Gran Bretagna. Il porto della Grande Mela, che era sotto il controllo della Mafia siculo – americana, era spesso al centro di sabotaggi, incendi, di “manovre sinistre”, controllata da una rete di spionaggio che rappresentava un’amministrazione ombra che era in grado addirittura di influenzare i sindacati degli operatori portuali. Fu allora che i Servizi Segreti contattarono un ergastolano di nome Lucky Luciano.


 L’accordo con il boss palermitano aveva l’obiettivo di evitare sabotaggi che avrebbero compromesso l’invio di materiale bellico. In cambio, chiaramente, era in ballo lo sconto della pena. In verità, lo scompiglio era provocato dalla Mafia stessa, allo scopo di ottenere la negoziazione delle pene dei boss incarcerati.

In effetti, a guerra finita, molti boss mafiosi, tra i quali lo stesso Luciano, furono scarcerati ed estradati. Lucky Luciano finì i suoi giorni in Italia, vivendo tra Napoli, Roma e Palermo.

Nessun commento:

Posta un commento

UFO sorvola l'etna in eruzione